Rotte della Royal Navy nelle acque di Capo Teulada

    
Tratto dal libro di Patrick O'Brian, "Primo Comando", che narra le vicende del Capitano di Corvetta Jack Aubrey, del suo equipaggio e della Corvetta di Sua Maestà "Sophie". Ambientato nel periodo a cavallo tra il XVIII e l'inizio del XIX secolo, rende testimonianza verosimile dei traffici marittimi che si svolgevano nelle immediate vicinanze del nostro mare.

Corvetta Sophie in navigazione di ritorno da Alessandria d'Egitto

"Durante tutta quella navigazione beata, non si era visto quasi nulla in mare aperto, tranne qualche caicco nelle acque della Grecia e una nave da trasporto diretta a Malta dalla Sicilia; perciò, quando la nuova venuta si fu avvicinata tanto che dal ponte si vedevano le vele di gabbia e un accenno di vele basse, ogni uomo a bordo la studiò con un interesse ancora più grande del solito. Quella mattina, la Sophie era uscita dal canale di Sicilia e aveva continuato a correre su una rotta nord nord-ovest, con un vento moderato a nord-est, Capo Teulada in Sardegna a trentatrè leghe una quarta a est di nord; solo duecentocinquanta miglia di mare la separavano da Port-Mahon. La vela sconosciuta sembrava diretta a ovest sud-ovest o piuttosto a sud, per Gibilterra o forse Orano, e si trovava una quarta a nord di nord-est rispetto alla corvetta. Le due rotte, se non intervenivano mutamenti, erano destinate a incrociarsi, ma per il momento non c'era modo di sapere quale dei due velieri avrebbe tagliato la scia dell'altro. Un osservatore che avesse contemplato la scena dall'alto avrebbe visto la Sophie sbandare un poco, mentre tutta la gente si affollava all'impavesata di dritta; avrebbe notato il chiacchiericcio eccitato spegnersi sul castello di prua e avrebbe sorriso nello scorgere due terzi dell'equipaggio e tutti gli ufficiali mordersi all'unisono un labbro nel vedere la nave lontana sciogliere i velacci. Ciò significava che era quasi certamente una nave da guerra e quasi certamente una fregata, se non un vascello di linea. E quei velacci non erano stati tesati in modo molto marinaresco, non in modo che la Royal Navy avrebbe considerato accettabile. 

<<Il segnale segreto, Signor Pullings. Signor Marshall, cominciate ad allontanarvi a poco a poco. Signor Day, tenetevi pronto al cannone>>

La bandiera rossa salì sull'albero di trinchetto in un rotolo che si sciolse con precisione, mentre la bandiera bianca e il pennello sventolavano sull'albero di maestra e il colpo di cannone rimbombava sopravento.

<<Bandiera inglese, Signore>>, riferì Pullings, incollato al suo cannocchiale. <<Pennello rosso sull'albero di maestra. Bandiera di partenza sull'albero di trinchetto>>. <<Uomini ai bracci>>, ordino Jack. <<Sud-ovest, mezza quarta a sud>>, disse all'uomo al timone, poichè quello era un segnale superato da sei mesi. <<Controvelacci, scopamare e coltellacci. Signor Dillon, vi prego, ditemi il vostro parere>>.

James s'issò sulle crocette e cercò con il cannocchiale la nave lontana. Non appena la Sophie si fu stabilita sulla sua nuova rotta, abbassandosi di prua sull'onda lunga da sud, Dillon compensò il movimento, imprimendo alla mano un moto regolare a pendolo per inquadrare la vela sconosciuta nella lente rotonda e luccicante. Nel sole del pomeriggio, il bagliore del cannone prodiero di ottone parve ammiccargli al di là del tratto di mare. Era una fregata, nessun dubbio in proposito: James non riusciva ancora a contare i portelli, ma era di certo una potente fregata, di linea elegante. Stava anche lei spiegando tutte le vele e si capiva che avevano difficoltà con un boma.

<<Signore>>, borbottò il gabbiere di coffa di maestra, scendendo. <<Andrews pensa che sia la Dédaigneuse>>. <<Provate con il mio cannocchiale>>, disse Dillon, porgendogli lo strumento, il migliore della corvetta. <<Sì, è la Dédaigneuse>>, confermò il marinai, un uomo di mezz'età che indossava un panciotto rosso e bisunto sul torace nudo e color bronzo. <<Riconosco la prua: è di nuovo genere. Sono stato prigioniero a bordo di quella fregata per tre settimane e anch più. Preso su una nave carbonifera>>. <<Quanti cannoni?>> <<Ventisei pezzi da diciotto libbre sul ponte principale, Signore, diciotto cannoni lunghi da otto sul cassero e il castello di prua e uno prodiero di ottone da dodici. Me lo facevano lucidare a me>>. <<E' una fregata, Signore, naturalmente>>, riferì James, <<Andrews della coffa di maestra, un uomo affidabile, dice che si tratta della Dédaigneuse. E' stato prigioniero a bordo>>.

<<Bene>>, disse Jack sorridendo, <<è una vera fortuna che la sera sia vicina>> In effetti mancavano circa quattro ore al tramonto; il crepuscolo non durava a lungo a quelle latitudini, e la luna era nuova. La Dédaigneuse avrebbe dovuto superare di due nodi la velocità della Sophie per raggiungerla, e Jack non riteneva che fosse in grado di farlo: era armata pesantemente, ma non aveva fama di eccezionale veliero come l'Astrée o come la Pomone. Ciò nonostante cercò subito di escogitare un mezzo per aumentare la velocità della sua amata corvetta. Era anche possibile che non riuscisse a sfuggire alla fregata durante la notte: una volta aveva partecipato ad un inseguimento durato trentadue ore per più di duecento miglia nelle acque delle Indie Occidentali, e sapeva che ogni iarda aveva il suo valore. Al momento  aveva il vento poco a sinistra del fil di ruot, non lontano dal punto di potenza massima della corvetta, e stava facendo almeno i sette nodi: e invero, grazie alla prontezza e all'abilità con cui l'equipaggio numeroso e bene addestrato aveva spiegato controvelacci e coltellacci, durante il primo quarto d'ora parve che la corvetta stesse guadagnando rispetto alla fregata.

<<Magari potesse durare>>, pensò Jack, dando un'occhiata al sole attraverso la tela consumata della vela di gabbia. Le straordinarie piogge primaverili nel Mediterraneo occidentale, il sole della Grecia e le brezze pungenti avevano liso la superficie del tessuto e intaccato la sua sovrastruttura, e anche il bordame e la striscia di rinforzo del tessuto apparivano sformati e poco consistenti. Potevano andare ancora bene con il vento in poppa, ma se la Sophie fosse stata costretta a correre sui bordi inseguita dalla fregata, le cose sarebbero certamente finite male: mai sarebbero riusciti a stringere davvero il vento. Non durò. Una volta che sullo scafo si produsse tutto l'effetto delle vele spiegate con apparente negligenza, la fregata recuperò ciò che aveva perduto e cominciò a superare in velocità la Sophie. Difficile esserne sicuri all'inizio - non ci furono che un lontano triplo lampo all'orizzonte e un accenno di scuro al di sotto, sulla cresta dell'onda - ma dopo tre quarti d'ora tutto lo scafo della fregata era quasi sempre visibile dal cassero della Sophie. Allora Jack fece sciogliere la loro vecchia vela di controcivada, riuscendo a guadagnare un'altro mezzo nodo.

Alla battagliola del coronamento, Mowett stava spiegando a Stephen la natura di questa vela, che la sophie aveva spiegato, con un controstraglio assicurato all'estremità dell'asta di fiocco, in un modo invero curioso per una nave da guerra. Jack, in piedi accanto al cannone più vicino alla prua, seguiva con gli occhi ogni movimento a bordo della fregata, e stava calcolando i rischi che avrebbe comportato spiegare i coltellacini con il vento che andava rinforzandosi, quando, a un tratto, ci fu un trambusto improvviso a prua e si alzò il grido: <<Uomo in mare!>> Quasi nello stesso momento, Henry Ellis, trascinato dal vortice della corrente, passò velocemente sotto di lui, agitandosi per tenere la faccia fuori dall'acqua, un'espressione di stupore nello sguardo. Mowett gli lanciò la cima della grua, entrambe le braccia si protesero per afferrarla, la testa sparì sott'acqua, le mani non riuscirono a trovare la cima e, dopo un istante, Ellis era già lontano a poppa alzandosi e abbassandosi sull'onda.

Tutte le teste si girarono verso Jack. L'espressione del suo viso era assai dura: lo sguardo passava rapido dal ragazzo alla fregata, che stava avanzando alla velocità di otto nodi, e poi di nuovo al ragazzo. Dieci minuti avrebbero significato perdere un migli e anche più; tutte le vele da imbrogliare e poi da spiegare di nuovo... Novanta uomini in pericolo. Tali considerazioni - unite alla consapevolezza di essere osservato da ogni uomo a bordo con estrema intensità -, il pensiero dell'odiosa natura dei genitori del ragazzo, il suo ruolo di quasi ospite a bordo e protetto da Molly Harte, tutto questo passò come un turbine nella sua mente nel tempo che gli occorse a ritrovare il respiro.

<<Battellino di servizio in mare>>, ordinò. <<Tenersi pronti a prua e a poppa. Signor Marshall, mettersi in panna>>.

La Sophie orzò, e il battellino fu calato precipitosamente in acqua. Furono necessari pochissimi comandi. I pennoni ruotarono, la grande massa di vele si ripiegò, drizze, scotte, imbrogli scorsero nei bozzelli senza che gli uomini pronunciassero una sola parola e, nonostante la sua furia gelida, Jack non poté fare a meno di ammirare la loro efficienza.

Con fatica il battellino procedette, tagliando di nuovo la curva della scia: lentamente, lentamente, coi marinai che si sporgevano fuori bordo, frugando nell'acqua con il mezzomarinaio. Trascorse un tempo che parve eterno. Ecco, stavano ritornando, avevano percorso un quarto della distanza e, nel suo cannocchiale, Jack vide i rematori cadere con violenza all'indietro sul fondo dell'imbarcazione. Uno di loro aveva usato una forza tale che il remo gli si era rotto, mandandolo a gambe all'aria.

<<Gesù, Maria..>> mormorò Dillon al suo fianco.

La Sophie si stava già muovendo e aveva ormai un certo abbrivio, quando il battellino venne issato lungo la fiancata e il giovane Ellis fu trasportato a bordo. <<Morto>>, dissero. <<Fare vela>>, ordinò Jack. Di nuovo le manovre vennero eseguite in un silenzio quasi perfetto e con incredibile rapidità. Una rapidità eccessiva. La corvetta non era ancora sulla sua rotta, non aveva neppure raggiunto la metà della velocità che aveva prima dell'incidente, quando si udì uno schianto sinistro e il pennone di velaccino si staccò dalla trozza.

I comandi si susseguirono veloci: alzando lo sguardo dal corpo di Ellis, Stephen vide Jack dare qualche istruzione a Dillon, che a sua volta la ripeté attraverso il portavoce, elaborandola, al nostromo e ai parroccheteri che stavano già correndo a riva; lo vide dare una diversa serie di ordini al carpentiere e alla sua squadra, calcolare il cambiamento delle forze che agivano sulla corvetta e dare al timoniere la rotta sulla base di quei calcoli; lo vide girare il capo per controllare la fregata e poi abbassare lo sguardo, fissando con attenzione il ragazzo. <<Potete fare qualcosa per lui? Avete bisogno di una mano?>>

<<Il cuore di è fermato>>, disse Stephen. <<Però vorrei provare..E' possibile sospenderlo per i calcagni sul ponte? Giù non c'è posto>>.

<<Shannahan, Thomas: date una mano. Attaccatelo a quel paranchetto. Fate tutto quello che vi dirà il Dottore. Signor Lamb, quella lapazza...>>

Stephen mandò Cheslin a prendere lancette, sigari e il soffietto della cucina. Mentre il corpo senza vita di Henry Ellis s'innalzava sul ponte, lo dondolò due o tre volte a testa in giù e con la lingua penzoloni, facendo uscire acqua dalla bocca. <<Tenetelo così>>, ordinò poi, praticando un'incisione con la lancetta dietro le orecchie. <<Signor Ricketts, siate così gentile da accendermi questo sigaro>>. E i membri dell'equipaggio che non erano assorbiti dai compiti di riparare il pennone, d'inferire di nuovo la vela, di rivedere l'assetto della velatura, tenendo d'occhio furtivamente la fregata, ebbero l'inesprimibile soddisfazione di vedere il Dottor Maturin soffiare il fumo nel mantice, ficcare l'uggello nel naso del suo paziente e, mentre l'assistente teneva chiusa la bocca e l'altra narice di Ellis,pompare il fumo acre nei polmoni, muovendo allo stesso tempo il corpo appeso in modo che le viscere premessero ritmicamentecontro il diaframma. Rantoli, respiri strozzati, il soffietto che pompava altro fumo, altri rantoli, colpi di tosse. <<Potete tirarlo giù adesso>>, disse Stephen ai marinai affascinati. <<E' chiaro che è nato per essere impiccato>>.

La fregata aveva coperto un gran tratto di mare ormai, ed era possibile contare i portelli dei cannoni senza bisogno di cannocchiale. Era una fregata pesante: una sua bordata avrebbe scagliato non le ventotto libbre dei cannoni della Sophie, ma ben trecento libbre di metallo. <<A ogni buon conto>>, si disse Jack, <<giurerei che, con quell'equipaggio che ha, dovrà ammainare i controvelacci prima che faccia buio>>. Avendo osservato con estrema attenzione il modo di navigare della Dédaigneuse, si era convinto che a bordo dovevano esserci molti marinai inesperti, se non un intero equipaggio di novellini, fatto non insolito sulle navi francesi. <<Potrebbe tuttavia provare un tiro prima>>, rifletté.

Alzò gli occhi a guardare il sole. Era ancora troppo alto sull'orizzonte e, dopo che Jack ebbe per cento volte misurato la distanza dal coronamento al cannone e dal cannone al coronamento, brillava allo stesso posto di prima con un'allegria idiota, tra il bordame della vela di gabbia e il pennone, mentre la fregata si era visibilmente avvicinata.

Nel frattempo, la vita quotidiana a bordo della corvetta seguiva il suo ritmo. Gli uomini vennero chiamati a mensa all'inizio del primo gaettone e ai due colpi, mentre Mowett gettava il solcometro, James Dillon chiese: <<Devo chiamare ai posti di combattimento, signore?>>. Parlò con una certa esitazione, non essendo sicuro di ciò che Jack avesse in mente. Il suo sguardo, al di là di Jack, era fisso sulla Dédaigneuse, che avanzava con un impressionante spiegamento di vele brillanti nel sole; i baffi bianchi del suo solco prodiero davano l'impressione di una velocità ancora maggiore.

<<Oh, sì senza alcun dubbio. Chiediamo a Mowett di recitarci qualcosa e poi tutti ai posti di combattimento>>.

<<Sette nodi e quattro braccia, Signore>>, disse Mowett al comandante in seconda, il quale si toccò il tricorno e riferì al capitano.

Il rullo del tamburo, il calpestio rimbombante e soffocato dei piedi nudi sul ponte, la lunga operazione di legare le vele di riserva a quelle di gabbia e ai velacci, nonché d'issare i paterazzi di rinforzo ai colombieri di velaccio (poiché Jack aveva intenzione di spiegare altre vele durante la notte), oltre a un centinaio di piccole variazioni nell'assetto, nella tensione, nell'angolatura delle vele... tutto questo portò via tempo. Il sole però ne impiegava ancora di più ad abbassarsi sull'orizzonte, e la Dédaigneuse si faceva sempre più vicina. Aveva troppe vele a riva e soprattutto ne aveva troppe a poppa, ma sembrava che tutto a bordo della fregata fosse fatto di ferro: non perdeva né straorzava, cosa che Jack aveva sperato con ardore, benché un paio di guizzate nell'ultimo gaettone avessero probabilmente fatto gelare il sangue nelle vene del suo Capitano. <<Perché non tesa sopravvento la vela di maestra e non le dà un pò di respiro?>> chiese Jack. <<Cane pragmatico!>>.

Tutto ciò che poteva essere fatto a bordo della Sophie era stato fatto e i due vascelli correvano silenziosi sul mare tiepido e quieto nel sole del tramonto. E la fregata si avvicinava.

<<Signor Mowett>>, chiamò Jack, arrestandosi nella sua passeggiata avanti e indietro. Mowett si staccò dal gruppo di ufficiali sul lato di sinistra del cassero, intenti a osservare pensierosi la Dédaigneuse. <<Signor Mowett...>> Fece una pausa. Da sottocoperta, appena udibile nel risuonare del vento al poppavia del traverso e nel cigolare delle sartie, giunse la musica di una suite per violoncello. Il giovane aiuto nocchiere aspettava attento, pronto ad eseguire i comandi del Capitano, inclinandosi verso di lui in un atteggiamento deferente e adattandosi in modo del tutto automatico al movimento lungo e rotatorio della corvetta. <<Signor Mowett, forse vorrete essere tanto gentile da recitarmi i vostri versi sulla nuova vela di maestra. Mi piace molto la poesia>>, soggiunse con un sorriso, vedendo l'espressione di Mowett e intuendo la sua propensione a negare tutto quanto.

<<Bene, signore>>, disse Mowett esitante, a voce bassa, priva di affettazione; tossicchiò, poi, in un tono diverso, quasi severo, annunciò: <<S'intitola: La vela nuova...>> e continuò:

 

 

 

 

  

Bibliografia